18 febbraio – Salvatore Ferrandes

Al risveglio gli occhi degli uomini si schiacciano quando la notte li ha portati per luoghi lontani trattenendoli in sogni più o meno coscienti nel labirinto del tempo che sembra senza inizio e senza fine. Come uno sguardo di gatto che esprime la più delicata indifferenza e nello stesso tempo il più perfetto stato di equilibrio. Ma stamattina con il micio condivido soltanto una profondità di sonno e un bisogno di cure.

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Ma c’è sempre lei nel bene e nel male.
Fatta di materia ancestrale e di spazi umani vecchi come quasi la sua natura.
Il mare intorno mi riappacifica seppur agitato, è la sua voce come un gatto come un’indipendenza che vive per sé e riesce dopotutto a farsi amica a concedersi gratuitamente.

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A Mueggen le cisterne stanno lì in verità…basta sollevarne i coperchi e gettarci gli occhi dentro tra ragnatele e odori sulfurei.

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Oggi faccio parlare Salvatore. Registriamo qualcosa in vigneto.
Ripercorriamo le strade della sua giovinezza e di quando il padre gli affido’ il primo pezzo di terra.

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Ci sono momenti che fatico a credere di stare qui di sentire tutto quello che sento…vorrei stare anche da un’altra parte con il cuore e il corpo e forse lo sono davvero un poco qui e un poco laggiù…sarà tutta questa intensità che mi frastorna…un vortice a cui bisogna piegarsi adagiandosi piano ascoltandosi lasciandosi senza presa.

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Che ci pensa il mondo a farsi presa.
A trascinare i tuoi sensi su buoni appigli per l’anima. Come il respiro della sera nella luce decadente ma pur sufficiente ai colori e ai profumi di fiori invernali.

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Sono porte che sbattono al vento
Sono sonno che non arriva mai a niente
Sono continuo risveglio in cerca di cibo

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